Dopo aver letto La campana di vetro, ho provato un senso di oppressione al petto e di dolore per il disagio, la sofferenza e la fragilità di questa donna.
Sylvia Plath non è riuscita ad essere più forte di tutto quello che l’ha schiacciata e ha trovato la libertà solo nel suicidio.
In Tu l’hai detto, Connie Palmen dà voce a Ted Hughes, il marito, il brutale carnefice agli occhi dei più, l’uomo perennemente tormentato dai sensi di colpa, che ci racconta la sua verità.
Io l’amavo, non ho mai smesso di amarla. Se il suicidio era la trappola con cui voleva catturarmi per fagocitarmi, inglobarmi in sé e fare di noi un solo corpo, ci è riuscita. Uno sposo ostaggio della morte, legato in eterno alla sua sposa in un matrimonio postumo, inseparabile come voleva che io fossi per lei.
Il suo nome è il mio nome.
La sua morte è la mia morte.
Sono pagine intime e poetiche che fanno rivivere la grandezza di un amore nato come un uragano e e concluso in un baratro senza fine, una spirale di morte da cui non si è salvato nessuno.
L’incontro folgorante che li porta in maniera fulminea ad un innamoramento che è dipendenza, il tempestivo matrimonio, i viaggi, la scrittura, il successo di lui, le delusioni per lei, i figli, l’illusione di una vita perfetta, maschera di un amore autodistruttivo.
Ricordo ancora perfettamente come si addolcì il suo sguardo quando aggiunse che il suo amore per me somigliava a quella sensazione, a una quasi-morte, a una resa simile all’abbandonarsi alla morte.
Ted Hughes ci restituisce l’immagine di una bambina di cristallo in continua lotta con i suoi demoni, che la opprimono, che non la lasciano stare e che la portano ad assumere atteggiamenti sempre più ossessivi.
Dietro una facciata di incontenibile allegria si nascondeva una lepre timorosa con l’anima di vetro, una bambina piena di paure, incubi di amputazioni, reclusioni, elettroshock. E io – lo sciamano innamorato – adoravo la fragile bambina ferita, il suo vero sé; volevo fare ciò che l’amore dell’amante esige: infrangere il suo ritratto come un tenero iconoclasta.
Lui, il marito, lo scrittore, l’uomo che si dà completamente per cercare di salvarla dal suo animo oscuro e che si trova intrappolato in un vortice di dipendenza sempre più esigente, scoprendosi infine incapace di starle accanto.
Ma le esigenze, i doveri e gli allettamenti della vita sociale non sono niente in confronto alle minacce dall’interno, alle forze oscure che puntano a devastare ciò che vi è di sacro dentro di noi.
Il giorno in cui la incontrai, conobbi anche quelle. Credevo che fossero le sue – la mia dea bianca, la mia musa inquieta – e che avrei potuto proteggerla dal male, e invece avevo incontrato i miei propri demoni nelle sembianze di una donna.
Ho apprezzato molto lo stile di questo romanzo, la scrittrice ha saputo dar voce a Ted Hughes in maniera tale da sembrare che queste pagine siano state scritte direttamente da lui, senza alcuna mediazione.
Tu l’hai detto di Connie Palmen è un romanzo disarmante, delicato, profondamente generoso, un ritratto di Sylvia Plath nudo e crudo in tutta la sua fragilità, un ritratto di Ted Hughes che fa osservare da una nuova angolatura l’immagine del marito carnefice, il poeta maledetto che mai si libererà dalla morte.
TU L’HAI DETTO – CONNIE PALMEN
IPERBOREA
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