La sera scese con un’immediatezza snervante, come un sipario abbassato in fretta su uno spettacolo amatoriale andato nel peggiore dei modi.
Una coppia senza nome scende da un treno, di notte, in una stazione deserta di un imprecisato e gelido paese dell’estremo Nord Europeo.
Lui e lei.
Arrivano da New York, pieni di speranza, per coronare finalmente il loro sogno più importante: adottare quel figlio che a loro il destino, colmo solo di angoscia e malattia, non ha mai portato.
E, a partire dal momento in cui i loro piedi si posano sul suolo straniero, tutti i piani, le aspettative, le loro stesse esistenze, verranno completamente ribaltati e seguiranno il corso di eventi che sembrano subire il fascino quasi soprannaturale dei luoghi, dell’atmosfera di un paese che appare immobile, bloccato tra un buio perenne e una quantità di neve che rende tutto silenzioso e surreale, dei personaggi che popolano questa storia, bizzarri, grotteschi eppure ammalianti.
Con un linguaggio sontuoso, che permea ogni tratto di questo straordinario romanzo, Peter Cameron ci trascina, completamente ipnotizzati, in un mondo in cui nulla è ciò che sembra e tutto può cambiare completamente, tutto cambia, a dire il vero, con una velocità che pare impossibile su uno sfondo che percepiamo sospeso, senza tempo.
L’oscurità, questo buio onnipresente, racchiude in sé una forza soprannaturale, la potente possibilità che tutto accada.
Un albergo, il Borgarfjaroasysla Grand Imperial Hotel, che è stato detto rievocante il Gran Budapest Hotel di Wes Anderson, e in cui ho trovato anche tanto dell’Overlook Hotel, quell’atmosfera di splendore che fu, un passato polveroso in cui si intravedono a stento i lumi di una fastosità persa e che, tuttavia, conserva l’energia dei luoghi in cui ogni cosa, ancora, potrebbe essere.
È tutto così triste, alla fine.
Triste?, chiese l’uomo.
Sì, triste. Prima o poi vanno tutti a letto, dico bene? Sono cose che succedono la notte. Le persone spariscono, sempre che ci siano mai state. La vita è orrenda, infame, come e più del tempo.
È qui che lui e lei incontreranno Livia Pinheiro-Rima, artista decaduta, donna affascinante e al contempo patetica, che tanto influenzerà la loro strada, o meglio, quella verso l’orfanotrofio; o lo straniero uomo d’affari, subdolo e prepotente, quanto solo e disperato; è qui che verranno a conoscenza dell’esistenza del guaritore; è nella stanza 519 che la loro vita, il loro essere marito e moglie, il loro straziante desiderio di avere un figlio, farà i conti con una realtà sommersa, stravolgente e necessaria.
La gentilezza! Come la detesto! Non l’ho mai voluta, soprattutto da te.
E cosa volevi da me?
Che domanda! Con che coraggio me lo chiedi?
L’uomo tacque.
L’amore!, disse la donna. Volevo l’amore! Si mise a piangere.
Ma certo che ti ho amata. Che ti amo. La gentilezza fa parte dell’amore.
Non ha niente a che fare con l’amore. La gentilezza – che parola orrenda! – la riserviamo a chi non amiamo, a chi non possiamo amare. Siamo gentili con quelli che non amiamo proprio perché non li amiamo. È lì che entra in gioco la gentilezza: quando non c’è l’amore.
Cose che succedono la notte, di Peter Cameron, è un romanzo dalla portata immensa, che destabilizza e stupisce pagina dopo pagina, anzi, parola dopo parola.
Attraverso un linguaggio potente (superlativa la traduzione di Giuseppina Oneto), che incolla il lettore, rendendolo incapace di lasciar andare, ci si trova immersi in un mondo che è una dimensione altra, ammantata di freddo e buio, in una storia misteriosa in cui niente ha più certezza e tutto ha possibilità.
Il mio primo Cameron, un altro di quegli amori tardivi e fulminanti che, al pari di ciò che mi è successo con Carrère, ha innescato l’impellente esigenza di recuperare tutto e subito.
COSE CHE SUCCEDONO LA NOTTE – PETER CAMERON
Adelphi
PREZZO DI COPERTINA: € 19,00