“Il passato è così, vero? Credi di essertelo lasciato alle spalle, poi un giorno entri in una stanza e lo trovi lì ad aspettarti.”
“Il passato resta con noi, in moltissimi modi inaspettati. Se non ci abbiamo fatto pace, si ripresenterà di continuo.”
In una piccola cittadina distante un paio d’ore da Dublino, la famiglia Barnes, una famiglia ampiamente benestante e con un certo rilievo sociale, sta attraversando una profonda crisi. Economica, come molti altri, a causa della recessione, e, soprattutto personale.
Dickie Barnes, il capo famiglia, marito di Imelda e padre di Cass, la prima della classe, che non vede l’ora di diplomarsi e poi correre al Trinity College, e PJ, dodicenne alle prese con la sopravvivenza quotidiana tra gli altri dodicenni, è proprietario di un concessionario di automobili che ha, da sempre, fin dai tempi di Maurice Barnes, suo padre, garantito notevole prestigio alla famiglia e una vita molto agiata.
Dickie è il classico uomo per bene, che risponde ai doveri economici e sociali che il mondo ha scelto per lui, pur avendo, per questo dannato senso del dovere, rinunciato a ciò e a chi avrebbe voluto realmente essere; e la sua storia, la storia di questo figlio maggiore che si è sempre sentito inadeguato rispetto al fratello minore, è una storia che, a un certo punto, lascia senza parole e con la sola voglia di correre ad abbracciarlo.
Ma torniamo alla trama. Adesso la famiglia è nei guai, il concessionario è sull’orlo del fallimento, Dickie, invece di affrontare la situazione, passa le giornate nel bosco a costruire un bunker a prova di apocalisse, Imelda vende le sue cose su eBay, Cass non è più la prima della classe e PJ sta pianificando una fuga da casa. Quindi, l’imminente fallimento del concessionario sembra stia trascinando con sé anche il destino della famiglia Barnes, che si trova a dover affrontare la vita sotto nuove prospettive, attanagliata dalla paura, ma anche dalla speranza che qualcosa possa cambiare.
E per cambiamento, qui, non si intende solo ciò che potrà succedere all’attività commerciale che potrebbe salvarli o affondarli completamente. No, qui il cambiamento segue percorsi decisamente personali e vede un’analisi profonda di ciascun protagonista, che si trova a relazionarsi con una situazione catastrofica che, alla fine, è solo il culmine di qualcosa che era già annidato da tempo nelle loro vite e che, adesso, per forza, per necessità, viene fuori come un fiume in piena, come l’alluvione che a un certo punto colpisce l’intera comunità e sembra non debba finire mai.
C’è una parte del libro, decisamente sostanziosa, che ci racconta la vita di Imelda, questa donna bellissima, nata bellissima, che viene dal niente, da un buco sperduto, con un padre terribile e una serie di fratelli inutili, e il dispiegarsi della sua storia è incredibile. Questa donna stupenda, questa bambina e poi ragazza splendida attraversa il fuoco e arriva dove è arrivata in condizioni davvero devastanti.
Ecco su questa parte, che è una delle mie preferite, anche se, a dirla tutta, il libro è un intero capolavoro, ho sentito pareri contrastanti, poiché è stata scritta senza punteggiatura, un lunghissimo, forse si potrebbe dire, stream of consciousness, anche se, a mio parere, va oltre lo stream of consciousness. Qui si entra davvero nell’anima di Imelda, e non sono d’accordo con chi la ritiene una parte che non lascia fiato, che si fa fatica a leggere, infinita. Non sono d’accordo. Il fiato c’è, eccome. Respiriamo con lei, stiamo in apnea con lei, proviamo le sue paure, viviamo i suoi sogni e le sue speranze. La punteggiatura non c’è, ma c’è. E quello che ne viene fuori è un quadro che, alla fine, lascia veramente senza respiro.
Come ho già detto, il libro è un intero capolavoro, è davvero bello, tanto bello, un calderone di vita e amore e disperazione e speranza, con importanti passaggi anche su temi molto attuali, come il cambiamento climatico, i pericoli dei falsi profili che si nascondo dietro gli account di videogiochi e social network, la diversità e l’inclusione; ma se dovessi scegliere un qualcosa che mi è piaciuto più di tutto, in assoluto sceglierei le vite di Imelda e Dickie, vite talmente piene e intrise di capitale umano da farci arrivare a girare l’ultima di queste circa 650 pagine e desiderare di non lasciarli andare mai, di tenerli stretti per sempre.
“Il giorno dell’ape”, di Paul Murray, è un canto corale che alterna le voci dei protagonisti e ce li mostra nella loro interezza, con tutti i nervi scoperti, la forza, le debolezze, le paure e le speranze. E non si può fare a meno di amarli, e amarlo.
IL GIORNO DELL’APE – PAUL MURRAY
EINAUDI EDITORE
TRADUZIONE DI: Tommaso Pincio
PREZZO DI COPERTINA: € 22,00