Domenica mattina, ore 10.30.
Ho un leggero mal di testa e la tentazione di nascondermi sotto le coperte è forte, ma non posso rimandare la stesura di questo post, sono troppi i pensieri che mi ronzano in testa da ieri pomeriggio, quando ho finito di ascoltare l’audiolibro di questo romanzo che definirei senza ombra di dubbio spettacolare.
Sì, audiolibro.
Una novità per me. Una di quelle cose a cui mi sono avvicinata guardinga, piena di dubbi, quasi convinta che l’esperienza non mi sarebbe piaciuta molto.
E invece…
Una delle cose belle del diventare grandi, almeno per quanto mi riguarda, è che si perde quella testardaggine giovanile del non ci provo nemmeno, tanto lo so che non mi piacerà.
Per fortuna, direi.
Quindi devo dirvi con grande soddisfazione che ascoltare i libri mi sta piacendo davvero parecchio. E trovo che sia proprio un bel modo per continuare a fare quello che mi piace, leggere, anche quando non posso permettermi di starmene comodamente seduta o sdraiata da qualche parte con un libro in mano.
La voce di Neri Marcorè, stupenda, ha accompagnato i miei viaggi al lavoro questa settimana, le mie faccende di casa e sono riuscita a portare avanti, azzarderei a quasi terminare, un lavoro a maglia che ho promesso ad un’amica e che, se non mi sbrigo, dovrà riporlo nell’armadio per il prossimo inverno.
Ma torniamo alla storia.
Tom, un uomo di cui vi innamorerete immediatamente, ha circa quarant’anni e vive a Londra, oggi, dove fa l’insegnante di storia.
In realtà è molto molto più vecchio.
È affetto da una sindrome molto rara, l’anageria, a causa della quale invecchia molto lentamente e non si ammala mai, prigioniero in una vita che sa quasi di eternità.
Ha già vissuto più di quattro secoli, attraversando la storia e portandola con sé come un fardello pesante sulle spalle, un bagaglio di vita, di conoscenza, ma anche di dolore e di sofferenza da cui è difficile liberarsi.
Ha conosciuto Shakespeare, anzi, ha lavorato per lui a teatro come suonatore di liuto, ha navigato con Thomas Cook, ha brindato con Francis Scott Fitzgerald e Zelda, ha suonato il pianoforte a Parigi, ha subito le terribili conseguenze della caccia alle streghe nella Londra del 1600, ha sofferto a causa della peste e ha amato la sua Rose nell’unico modo in cui si dovrebbe amare, per sempre. E poi mai più.
Tom vive la sua condizione come una maledizione, costretto in un’esistenza in cui tutti intorno a te invecchiano e tu no, tutti muoiono e tu no.
E allora è meglio stare soli, non ci si può innamorare, non ci si può legare a nessuno, per evitare di soffrire e di far soffrire.
Una vita solitaria, resa possibile dalla società degli Albatros, un’organizzazione fondata da un uomo come lui, che vive alla ricerca di tutte le altre persone al mondo affette dalla stessa sindrome, con l’unico scopo di offrire protezione contro chi non potrebbe capire, contro chi, scoprendoli, li manderebbe al rogo o li trasformerebbe in cavie da laboratorio.
Tom attraversa i secoli così, cambiando identità e residenza ad intervalli regolari, cercando un equilibrio in una vita senza senso e sognandone una normale.
Ma c’è qualcosa a cui non riesce a rassegnarsi.
Marion, la figlia che ha avuto da Rose, è come lui, ma ne ha perso le tracce quando era una bambina, costretto ad abbandonare lei e la madre per mettere fine ai pericoli che avrebbero potuto affrontare continuando a stare insieme.
La decisione di ristabilirsi a Londra, dopo tanti anni, di tornare là dove tutto era cominciato, di provare a condurre un’esistenza normale, con un lavoro ordinario e una routine equilibrata, potrebbe essere la condizione ideale per dedicarsi alla ricerca della sua Marion.
Ma il passato, per quanto lontano, non si cancella mai.
Londra è una città che, pur offrendo nuove opportunità, apre troppe ferite.
Insegnare storia ai ragazzi, parlare loro di guerre, scoperte e caccia alle streghe cercando di non svelare il segreto che si porta addosso non è semplice.
Mantenere l’equilibrio fuori e dentro di sé è molto faticoso, soprattutto se non ci si può innamorare, non si può appoggiare la testa stanca su nessuna spalla, non si può dividere il pesante fardello con nessuno.
All’improvviso la società degli Albatros lo manda in Australia, è tempo di una nuova missione.
Sarà l’occasione che aprirà gli occhi di Tom su una nuova possibilità, sulla presa di coscienza che, nonostante tutto, può ancora trovare il suo posto nel mondo, può vivere il suo presente, guardare il futuro senza paura, godersi il qui e ora e accettare la vita.
Dicevo all’inizio che, da quando l’ho terminato, tanti pensieri mi girano in testa, non riesco a smettere di tornare su questa storia, continuo a sentire la voce di Neri Marcoré, che ha narrato in maniera magistrale, calandosi talmente nella parte da riuscire a vederlo nei panni di Tom, continuo a riflettere sulle conseguenze del tempo nella nostra vita, il significato di effimero e di per sempre, la condizione di condanna di un’esistenza che attraversa i secoli e la storia dell’umanità rimanendo a guardare la nascita, la trasformazione e la morte di cose, luoghi e persone.
Come fermare il tempo, di Matt Haig, è un romanzo coinvolgente, che fa amare e fa aumentare quel desiderio che il lettore ha, quasi sempre, di entrare nella storia, incontrare i personaggi, parlare con loro, abbracciarli. Tom si fa voler bene da subito, non potrete non amarlo, non sarà possibile non soffrire con lui, non piangere, non sognare di correre a consolarlo, di guardarlo negli occhi e dirgli, come più volte ripete anche lui, andrà tutto bene.
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COME FERMARE IL TEMPO – MATT HAIG
EDIZIONI e/o
PREZZO DI COPERTINA: € 18,00