La memoria è l’unica cosa che abbiamo che riesca a tenere insieme i pezzi della nostra vita, è la nostra strada.
Che siano ricordi belli o brutti, fanno parte del quadro, sono tutte le cose che abbiamo vissuto e che ci hanno costruito fino a farci diventare quello che siamo e quello che saremo.
Io amo la mia memoria, amo le cose, gli oggetti legati alla mia memoria, amo che ci siano cose, luoghi, sapori, odori, suoni che, ogni volta che mi capitano tra le mani, mi riportano dritta dritta da un’altra parte.
Anche quando è doloroso, quando penso che vorrei dimenticare, che vorrei liberarmene, quel dolore, in realtà, diventa il mio metro di misura, la relazione tra un prima e un dopo.
Aggrapparci al passato, e, insieme, lottare con tutte le nostre forze per allontanarcene e trovare la nostra via, fanno parte del gioco.
Nella storia di Ania, la memoria e le parole hanno un potere fondamentale nel portarla a compiere quei passi indietro che le servono per tentare di capire poi come saranno i passi avanti.
La sua vita è sospesa tra le notti insonni e il prendersi cura di case, piante e animali degli altri, unica cosa in cui trova conforto, quando il padre le telefona per affidarle un compito importante: a Campana, in Argentina, dove affondano le sue radici, l’unico ramo dell’albero rimasto in vita, un cugino del padre, sta morendo. Lui non può partire, non può allontanarsi dal Cile, non può lasciare sola la compagna. Così le chiede di andare, di sostituirlo, di onorare il momento al posto suo.
E Ania parte, dal Cile, attraversa le Ande e arriva a Campana, a portare l’ultimo saluto al cugino Agustín.
Ritrova la casa dei nonni, quella in cui da bambina ha trascorso le estati aspettando che il padre tornasse a prenderla.
La chilenita, come la chiamavano tutti, ritorna ai ricordi della sua infanzia, ricostruisce la storia e spera di trovare una tregua per la sua anima incastrata tra la morte prematura della madre, la lontananza del padre e un presente che sembra fatto di tasche vuote.
Una scatola piena di ricordi le permette anche di rivivere il passato, la fatica, il dolore di chi ha abitato quelle stanze prima di lei, di scoprire frammenti di vita che fanno luce anche sui suoi ricordi, che danno un senso a cose che da bambina non aveva capito.
Il sistema del tatto, di Alejandra Costamagna, intrecciando il presente e il passato di Ania, eterna straniera in cerca di un senso di appartenenza che non arriva, con la storia della sua famiglia, delle radici italiane di Nelide, la mamma di Agustín, che, nell’emigrare da un paese devastato dalla guerra ha lasciato per sempre anche il fuoco che alimenta l’anima, spegnendosi man mano in un’esistenza fragile, di Agustín, perso come la mamma in un groviglio di parole a cui tenta, per tutta la vita, di dare un ordine, è un romanzo potente in cui emerge violenta la forza dell’eterna lotta tra il legame che ci tiene ancorati alle nostre radici e il desiderio di liberarcene per trovare il nostro posto nel mondo.
IL SISTEMA DEL TATTO – ALEJANDRA COSTAMAGNA
Edicola Ediciones
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