Un momento brillante, vissuto a New York, grazie a una borsa di studio per lavorare in una rivista di moda, si trasforma, per Esther Greenwood, in un salto nel vuoto, come la fine che fanno tutti suoi vestiti, la sera in cui lei stessa li lancia fuori dalla finestra dell’ultimo piano dell’albergo.
Il ritorno alla provincia per la pausa estiva, il senso di irrisolto, l’incapacità di decidere del suo futuro, la sensazione di sentirsi come un cavallo da corsa senza pista nell’America galoppante degli anni Cinquanta, l’oppressione, come se fosse schiacciata da una campana di vetro che le toglie l’aria, la perdita del sonno e di tutte quelle cose che, prima, la facevano stare bene, come leggere, scrivere, mangiare, la portano ad una lenta e graduale alienazione, ai limiti di una follia che le fa ripetutamente studiare il modo migliore per farla finita, fino all’ultimo tentativo messo in atto, quello che la farà rinchiudere in manicomio, affrontare la pazzia, propria e altrui, sperimentare la pratica dell’elettroshock, tecnica molto in voga in quegli anni.
Il disagio di Esther ti permea, mentre leggi la sua storia, fino a farti vivere in apnea, proprio come sotto ad una campana di vetro e lasciandoti un forte senso di vuoto e tristezza.
La campana di vetro, è l’unico romanzo di Sylvia Plath, semi-autobiografico per le molteplici similitudini tra la protagonista e l’autrice, morta suicida nel 1963.
Un’altra cosa che detesto è quando la gente ti chiede allegramente come stai, sapendo benissimo che stai da cani, e si aspetta pure che rispondi:
– Bene.
Dovunque mi fossi trovata, sul ponte di una nave o in un caffè di Parigi o a Bangkok, sarei stata sotto la stessa campana di vetro, a respirare la mia aria mefitica.
Per chi è chiuso sotto una cmpana di vetro, vuoto e bloccato come un bambino nato morto, il brutto sogno è il mondo. Un brutto sogno. Io ricordavo tutto.
LA CAMPANA DI VETRO – SYLVIA PLATH
OSCAR MONDADORI
TRADUZIONE DI: Adriana Bottini
PREZZO DI COPERTINA: € 12p