Henry Molise è uno scrittore di successo, ha cinquant’anni, una villa sull’oceano, una moglie e due figli che rispecchiano il perfetto quadro americano. E’ l’unico della sua famiglia wop (termine dispregiativo per indicare gli immigrati italiani cattolici) ad essersi riscattato, ad essere riuscito ad andarsene, ad essersi realizzato, anche se nessuno dei suoi familiari lo pensa veramente, ché fare lo scrittore non è mica un lavoro. Lavorare significa sudare, sgobbare duro, come suo padre, Nick Molise, un ubriacone circondato da amici vecchi e ubriaconi, ma gran lavoratore, artigiano edile esperto, talmente bravo da aver dato vita alle più importati costruzioni della città.
Una telefonata di suo fratello Mario, che non gli perdonerà mai di essersene andato e di averli lasciati lì, che non supererà mai l’invidia per il suo successo, lui che avrebbe potuto essere un bravissimo giocatore di baseball, ché le carte le aveva tutte in regola, che doveva partecipare alle selezioni per una delle squadre più amate dai tifosi americani, ma il padre non glielo aveva permesso, perchè era solo una perdita di tempo, lo costringe a tornare a casa nel tentativo di riappacificare i genitori che, dopo l’ennesima lite causata da un presunto tradimento, minacciano di riaprire la “faccenda del divorzio”.
Il suggerimento di Mario di prendere il padre a vivere per un po’ di tempo con lui nella sua villa sull’oceano, fa scattare il terrore nella moglie di Henry e la decisione, da parte di quest’ultimo di tornare a casa, ma solo per un paio di giorni, per sistemare un po’ di cose.
Comincia così per Henry un viaggio a ritroso, che lo vedrà tornare alla scoperta della proprie origini, a scavarsi dentro, faccia a faccia con la sua vera famiglia, con quello che lui è veramente.
Si ritrova, braccato dalla madre e dal padre, che nel frattempo, nel giro di poche ore, avevano già apparentemente appianato le loro “divergenze”, a partire con il suo vecchio per un progetto irrealizzabile, per l’età e per le condizioni di salute di quest’ultimo: la costruzione di un affumicatoio di pietra in montagna.
Inizia quindi la vera storia della “Confraternita dell’uva”, il rapporto tra padre e figlio, lo scontro fra generazioni e culture diverse.
John Fante, a mio avviso, dovrebbe essere uno di quegli autori da inserire nei programmi scolastici, al posto di molta della letteratura vecchia e stantia che i professori, vecchi e stantii, fanno ancora subire agli studenti. Perché, anche se è vero che magari, ad una certa età, non verrebbe apprezzato appieno, si avrebbe lo stesso la possibilità di farlo entrare nella testa e nel cuore delle generazioni. Lui come tanti altri.