Lo aveva stabilito la Conferenza internazionale di Milano sull’educazione dei sordomuti nel 1880. Loro sapevano esattamente quale fosse la cosa migliore da fare. Loro, che non erano sordi né muti, loro che potevano parlare e sentire e vivevano in quel mondo perfetto, loro che a occhi chiusi potevano dire il proprio nome e lasciarlo galleggiare nell’aria, quelle stesse persone avevano deciso che nelle scuole la Lingua dei Segni andava bandita, perché i gesti erano per gli animali, l’istinto dei primati, e svilivano l’uomo. Solo la parola avrebbe salvato. Perché in principio era il Verbo, e il Verbo era Dio.
Elsa, Vittorio, Anna e Leo. Una famiglia.
Leo è il figlio più piccolo, fratello di Anna, ha sei anni ed è nato sordo, ma questo non gli impedisce di trascorrere un’infanzia felice, specialmente con Anna, con cui riesce a creare un legame molto forte, un’intesa che spesso va oltre quella possibile attraverso la Lingua dei Segni, e, con Anna, Leo si sente al sicuro, in un mondo fatto di silenzio e di significati che a volte prendono forma anche solo con uno sguardo.
Arriva il tempo della scuola e il piccolo Leo deve lasciare la famiglia per frequentare un istituto speciale per sordi.
Siamo negli anni Sessanta e nelle scuole è vietato usare la Lingua dei Segni. Questo fa sì che Leo, a scuola, soffra. Non potendosi esprimere come vuole, non sente più di essere sé stesso, l’istituto non gli piace, non si sente a suo agio, non si sente capito, la disciplina a cui deve sottostare è molto rigida, non c’è spazio per gli affetti e la sua famiglia gli manca molto, una mancanza che non riesce a colmare nel breve intervallo di un fine settimana, unico momento in cui può tornare a casa.
Prova a dirlo ad Anna, prova a convincerla a chiedere a mamma e papà di non mandarlo più in quella scuola, ma Anna, nel sincero tentativo di tranquillizzarlo, gli dice non preoccuparsi, che con il tempo si abituerà, che mamma e papà vogliono solo il meglio per lui, che anche lei va a scuola e che va tutto bene.
È domenica sera, il lunedì mattina la famiglia accompagna Leo all’istituto, come tutte le settimane. Qualche giorno dopo, il 18 dicembre 1964, Leo scompare nel nulla, di lui si perde qualsiasi traccia. Anna aveva quattordici anni.
Diciannove anni dopo, nello studio di Anna, psicologa specializzata anche nella Lingua dei Segni, si presenta Michele, un compagno di Leo ai tempi della scuola.
Michele, attraverso la LIS, racconta ad Anna di quella notte, della scomparsa di Leo, e, per Anna, comincia un percorso difficile e doloroso, che la porterà a fare i conti con il passato, con la sua vita spezzata, con la fragilità e la sconfitta di una famiglia distrutta da una perdita enorme, con i sensi di colpa per non aver saputo proteggere Leo come promesso e con la scoperta di un segreto enorme e indicibile.
La forma del silenzio, di Stefano Corbetta, è una storia delicata e potente, che mette in luce la fragilità umana esposta ai traumi più dolorosi, una fragilità che può avere la meglio e sconfiggere in partenza qualsiasi processo di guarigione, ma che può anche trasformarsi e determinare la forma con cui affrontare e rimodellare la propria vita rispetto a quel dolore.
È una storia che ci insegna la determinazione, quella determinazione che porta Anna a cercare risposte rimaste sospese per anni, anche a costo di riaprire ferite con le quali aveva imparato a convivere.
È una storia con un lato nero, quel lato in cui un segreto enorme assume un peso notevole e differente a seconda del punto da cui lo si guarda e che ci porta a chiederci fino a dove potremmo essere in grado di spingerci in nome dell’amore o del nostro gigantesco egoismo.
Infine, e di grande importanza, è una storia che riporta all’attenzione il tema della Lingua dei Segni, dell’importanza della sua diffusione, della necessità del suo riconoscimento giuridico.
Ancora una volta Stefano Corbetta riesce ad addentrarsi con grande maestria e delicatezza, nelle pieghe più nascoste della vita, là dove prende forma la nostra esistenza, che sia un silenzio, una voce, uno sguardo, o una luce.
LA FORMA DEL SILENZIO – STEFANO CORBETTA
PONTE ALLE GRAZIE
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