Parigi, fine anni Trenta.
Marie è una donna che ama intensamente suo marito Jean, ama prendersi cura della propria casa, ama preparare il pranzo e la cena, accudire la sorella e quel suo animo sempre scontento.
Marie ama stare da sola, godere del tempo per se stessa, in compagnia di un buon libro.
Marie sa sempre dove mettere le mani per sistemare le cose.
C’è una sorta di intesa perfetta, un rapporto di amicizia tra le sue mani e gli oggetti che toccano. Marie è convinta che, qualunque sia l’ambito in cui un essere umano possa realizzarsi, la sua comprensione del mondo rimarrà sempre incompleta se tra le sue mani e le cose non esiste questa intesa a determinare l’esito del gesto. Ama le mani che comprendono il linguaggio degli oggetti immobili, quelle che sanno parlare alle cose vive. E ama la mano che si posa su una spalla e la stringe, e quelle che incorniciano un viso e raccontano la ridondanza del cuore molto meglio di una qualsiasi parola d’amore.
E Marie ha da poco scoperto cosa significhi farsi travolgere dalla passione, dopo che, su una spiaggia in Costa Azzurra, dove si trovava a trascorrere le vacanze con il suo amato Jean, incrocia lo sguardo di un giovane ragazzo e prova un turbamento mai sentito prima.
Un pomeriggio si incontrano per caso lungo un sentiero vicino al mare e lui, al momento di separarsi, la lascia con un numero di telefono scritto su un pezzetto di carta.
Un pezzetto di carta che Marie non getterà e che segnerà il punto di non ritorno.
Marie lo guarda allontanarsi sulla strada; lei torna indietro, si appoggia al muretto del sentiero. Rimane lì, sola, sgomenta, fra due mondi a pezzi. E nel palmo della mano stringe febbrilmente quel piccolo pezzo di carta: Wagram 17-42.
Tornata a Parigi, dalla cabina telefonica di un caffè, Marie comporrà quel numero di telefono, abbandonandosi al destino di un amore travolgente e doloroso.
Chi vive più di un amore vive anche più di una lacerazione. E forse un costante susseguirsi di solitudini.
Continuerà ad amare Jean, ma non potrà fare a meno di questo nuovo amore, della nuova prospettiva che il mondo ha preso ai suoi occhi, delle nuove urgenze, della nuova se stessa, una se stessa riscoperta tra i ricordi di una Marie ragazza e l’affiorare di nuovi desideri.
Nell’amore non ci sono né perfezione né eternità prestabilite. L’amore batte secondo le pulsazioni del tempo, come battono tutte le cose viventi. Si rafforza o si sgretola, declina e si risolleva. Se è vivo può morire. Ed è questo il suo bello. Una cosa è grande e commovente solo quando contiene una possibilità di morte. Lotta e protezione, lotte congiunte del corpo e del cuore. Sconfitta o vittoria di un’ora sull’ora precedente… Andare avanti passo dopo passo… Rischi. Bellezza immutabile di un amore eterno e perfetto? Bellezza tragica di un amore che muore? Bellezza più folgorante di un amore che nasce? Vertigine di un mondo nuovo… Sì, conosco… Ma a tutte quelle bellezze ne preferisco un’altra. Non è né immutabile né folgorante né tragica: è più gravosa, più ardua, più vera. È la bellezza di un amore non nel momento in cui nasce o in cui muore, ma nel momento in cui vive…
Scritto nel 1943, Marie aspetta Marie, di Madeleine Bourdouxhe, per i temi trattati e l’immagine restituita di una donna audace, che si ama e ama senza riserve e che si emancipa attraverso le proprie scelte, è un testo profondamente attuale, un romanzo meraviglioso che regala nuove prospettive sull’amore e sul qui e ora.
MARIE ASPETTA MARIE – MADELEINE BOURDOUXHE
ADELPHI
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