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Next stop Rogoredo di Micaela Palmieri

Next stop Rogoredo di Micaela Palmieri

Quando si è iniziato a parlare del boschetto di Rogoredo, qualche anno fa, non avevo proprio idea di cosa si trattasse, non riuscivo ad immaginare l’orrore nascosto al suo interno, o forse non volevo.

Leggevo le notizie e non capivo, il problema sembrava riguardasse solo i tossici, la loro presenza sul territorio, il degrado della zona, i furti sempre più numerosi.

La punta di un iceberg dalle dimensioni incalcolabili e di cui quel che non si vede è il vero mostro da combattere.

Poi, durante la bella stagione, quando solitamente mollo la macchina in favore del motorino, più agevole per raggiungere Milano in tempi brevi, cambiando anche il percorso giornaliero, ho cominciato a vedere.

Una ragazza, soprattutto, mi è rimasta impressa e non me la levo più dalla testa.

Era lì, al semaforo dell’incrocio tra Toffetti-Mistral-Cassinis. Era lì a chiedere soldi, ogni giorno, e, ogni giorno, per tutto il periodo in cui sono passata da quell’incrocio e l’ho vista, quella a cui ho assistito è stata una vera e propria metamorfosi, la conquista spietata e progressiva della morte.

Il suo volto non lo dimenticherò mai. Il pallore iniziale, su cui spuntava ancora qualche accenno di rosa sulle guance scarne, si era trasformato, nemmeno troppo lentamente, in un grigio spento e uniforme. La vita le era uscita dagli occhi ancora prima del tempo.

Poi non l’ho più vista, di punto in bianco, dall’oggi al domani.

E se una parte di me sa benissimo cosa questo voglia dire, ce n’è un’altra che non smette di sperare che quella ragazza non è più lì perché, ad un certo punto, è riuscita a salvarsi.

Next stop Rogoredo, di Micaela Palmieri, giornalista appassionata, conduttrice del tg1 del mattino, è un romanzo inchiesta, nato da un lavoro che è durato due anni, che ci porta per una notte all’interno del bosco della droga, trascinandoci in una realtà che facciamo davvero fatica a credere che possa esistere veramente.

Per una notte, in queste pagine, Micaela è i nostri occhi, le nostre orecchie, testimone di uno spettacolo atroce.

Incontriamo angeli e demoni, anime perse in lotta continua per la sopravvivenza, quella sopravvivenza che non è vita, ma ricerca spasmodica di quella dose che possa calmare la smania e la disperazione, anche solo per poche ore.

Incontriamo Antonio, un volontario che tutti i giorni si addentra in quell’inferno per portare un po’ di pace ai dannati, qualcosa da mangiare, acqua, una parola di conforto, il tentativo di convincerne uno, anche solo uno, a ripulirsi, ad abbandonare quello schifo, perché, nonostante tutto, ci deve sempre essere qualcosa di meglio.

Incontriamo Carlo, smarrito in un sentiero a senso unico, ma con qualcosa nell’anima che brilla ancora, una debole fiamma di possibilità. Carlo, che accompagna Micaela, Ivan e Antonio nei meandri più bui e pericolosi. Carlo, che la guarda e la vuole proteggere da un mondo che non le appartiene.

Tra un passo incerto e l’altro, su un selciato reso impervio da tutto ciò che si può trovare in un luogo di spaccio, consumo e dimora di chi un tetto sulla testa non ce l’ha più e l’unico posto dove vuole stare è quello dell’inferno in cui vive, sono tante le anime e i mostri che ci danzano davanti agli occhi.

Questa notte, che si alterna ad una storia privata, triste e dolorosa, altra testimonianza di come la vita, dura e spietata, possa condurti in un vicolo cieco da cui si fa fatica a tornare indietro, è un pugno nello stomaco, uno schiaffo a mano aperta sull’esistenza tranquilla a cui siamo abituati.

Sembra un pozzo nero, quel boschetto, un vortice che risucchia e restituisce solo macerie, un luogo che ha tutto l’aspetto del non ritorno. Ma non è sempre così, qualcuno deve pur farcela ad uscirne, qualcuno dobbiamo pur farcela a portarlo via dalla morte. E, quando succede, chi esce racconta, ci prova, affronta la realtà, racconta, racconta e non è più lo stesso.

La debole fiamma della possibilità, la speranza, la possiamo alimentare solo guardando, aprendo bene gli occhi, smettendola di ignorare, di semplificare o di spostare il problema sull’anello più debole della catena.

Next stop Rogoredo, di Micaela Palmieri, è una lettura dura da mandare giù, io ci ho perso il sonno, e mi porto addosso una sensazione di inadeguatezza e impotenza che faccio anche fatica a spiegare. Ma è una lettura necessaria, per dare voce, volto e dignità a chi ha perso i propri sogni e paga, ogni giorno, un conto troppo caro.

Una delle citazioni in apertura è di Italo Calvino, da Le città invisibili.

L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.

È la citazione che più mi rappresenta, quella a cui mi aggrappo ogni volta che ne ho bisogno, quella che, appena me la sono trovata davanti, su questo libro, mi ha rallentato un battito e mi ha fatto capire, ancora una volta, che le cose arrivano proprio quando devono arrivare.

Grazie, Ettore. Tu sai perché.

NEXT STOP ROGOREDO Storia di chi è uscito dal bosco della droga – MICAELA PALMIERI

BALDINI&CASTOLDI

PREZZO DI COPERTINA: € 15.00

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